Dalla parte della doula

“Jim era deciso a lasciare che succedesse quel che doveva succedere.
Faceva con il cuore e con le mani, come un piccolo bordo attorno a Kathe, perché lei non scivolasse via, fuori sbadatamente: ma muragli non ne avrebbe costruiti ”
– Jules et Jim

Vado ad un incontro sul parto in casa presso il centro Melograno di Roma.
A tenerlo sono Gabriella Pacini e Patrizia Mazza, due ostetriche operatrici del Melograno.
Mi interessa capire dove si colloca il parto in casa nella realtà romana.
Il Melograno è una struttura che conosco ma non mi è familiare, ci sono stata una sola volta con mio figlio, per una lezione dimostrativa di musica in fasce.
Arrivo in anticipo e una delle persone presenti, una donna molto solare si avvicina e mi chiede se sono un’ostetrica. Non sono incinta, è vero, ma non sono neanche un’ostetrica.
Mi presento come mamma e accenno, non senza imbarazzo, al corso di formazione per doula che sto frequentando da pochi mesi. La mia interlocutrice sa benissimo di cosa sto parlando, vedo nei suoi occhi una leggera diffidenza ma forse è solo la mia impressione.
Si presenta: è Patrizia e lei che terrà l’incontro con Gabriella.
Arrivano alla spicciolata altre coppie. Siamo in cerchio in una stanza accogliente.
Osservo una realtà di nicchia, è evidente: il parto in casa non è per tutti.
C’è una coppia di giovani stranieri al primo figlio, decisamente insicuri in cerca di un punto di riferimento, una coppia non più giovane: lei direttrice di un giornale del settore, lui capelli bianchi e occhiali seriosi, una bella quarantenne, conduttrice radiofonica, con la figlia di 1 anno circa e l’esperienza di un bellissimo parto all’Ospedale di Poggibonsi nel cassetto, una coppia al secondo figlio con il desiderio di vivere diversamente il loro parto rispetto alla prima esperienza, una giovane ostetrica.
Non mi presento come doula in formazione ma come una mamma che cova segretamente il desiderio di una seconda gravidanza, egoisticamente, solo per poter partorire in casa, sorvolando sulla necessità della complicità di un uomo in questa mia impresa, particolare poco rilevante. Suscito l’ilarità del gruppo. Decido di non accennare al mio percorso di formazione come doula per non destare inevitabile interesse e rubare, in qualche modo, la scena al tema dell’incontro, inoltre, una delle due ostetriche conosce la mia posizione e mi può tirare in ballo se e come crede.
E’ subito evidente come la necessità del parto in casa sia dettata da un vuoto lasciato dal servizio dalle strutture sanitarie presenti sul territorio: è una delle poche alternative valide se si parla di rispetto dei tempi e modi del parto.
Si discute su come il parto sia influenzato dal luogo e dalle persone che vi partecipano.
Si accennano a tutta una serie di dati scientifici sulla durata del travaglio, sulla percezione del dolore, sulla percentuale dei parti che finiscono in un cesareo, tutti dati che già conosco perché presenti nel libro “Far da madre alla madre” che sto leggendo.
Molte coppie lamentano il fatto di non avere le informazioni corrette durante tutto il percorso, è evidente come serva una figura di riferimento che accompagni e prenda per mano la coppia e li aiuti a decidere per quello che veramente desiderano.
Io penso al ruolo della doula, ma il nome doula non viene mai pronunciato.
Osservo curiosa questo gap. In una società in cui ci si inventa di tutto e le informazioni volano alla velocità della luce, nessuno in questa stanza sa cosa fa una doula.
Eppure la richiesta è cosi esplicita ed è altrettanto evidente che il ruolo che ricopre ha competenze e qualità che non vanno a sovrapporsi a quelle dell’ostetrica anzi la completano, entrambe le figure ne uscirebbero valorizzate da una auspicabile collaborazione.
Forse è solo questione di tempo, ma, mi chiedo, se non ora quando!
E poi, chissà quante donne hanno avuto la loro doula senza sapere che si chiamasse così.
A pensarci bene, anche io ho avuto le mie doule ancor prima di sapere che cosa fosse una doula.
Ho vissuto il mio essere “in stato interessante” come un progetto.
Come tutte i progetti della mia vita ho letto, studiato, scelto. Ho cercato gli strumenti per capire a cosa sarei andata incontro, certo, forse con un po’ di presunzione, ma il bisogno di capire era imperativo.
Ho scelto la struttura dove avrei partorito, ho frequentato il consultorio, mi sono fatta delle aspettative e ho tralasciato cose che invece si sarebbero rivelate fondamentali e pensandoci, se avessi avuto una doula, probabilmente la maggior parte delle scelte fatte sarebbero state diverse.
Solo ora mi rendo conto di aver scelto quello che in quel momento ritenevo ideale per il mio vissuto di donna che si appresta a diventare madre, per le mie competenze e le mie aspettative.
Quando mi si sono rotte le acque, alle 4.30 di notte, quindici giorni prima della data presunta del parto, sotto la doccia ho pensato che la sera stessa avrei avuto tra le braccia mio figlio.
Che sensazione strana, ripensandoci ora.
Il mio compagno, svegliato nel cuore della notte, ha avuto una crisi di panico e a fatica l’ho convinto a portarmi in clinica. Una volta raggiunta la clinica e sbrigate le formalità ho pensato a chi avrebbe potuto restarmi accanto. Non avevo pensato ad una “riserva” ma non è stato difficile sapere chi avrei voluto al posto del mio compagno. La scelta è ricaduta su una mia collega di lavoro con cui passo nove, dieci ore ogni giorno, certo amica, ma non di lunga data, madre di due bambini entrambi partoriti con parto naturale.
Una donna che ammiro come madre, con cui mi sento a mio agio e che, da sempre, aveva espresso il desiderio di poter assistere ad un parto.
Con lei ho travagliato sulle scale dell’ospedale, camminando e parlando di lavoro e ridendo tra una contrazione e l’altra. Lei con la sola preparazione dei suoi due parti mi spiegava passo a passo quello che sarebbe successo. Insieme abbiamo affrontato il dolore, ridacchiato alle spalle dell’ostetrica candidamente battezzata signorina Rottermaier, ci siamo ritagliate uno spazio di intimità in un ambiente che di intimo aveva ben poco.
Lei è stata di sostegno occupandosi anche del mio compagno, aggiornandolo sulla situazione e rassicurandolo nei momenti in cui non eravamo insieme. Se non ci fosse stata lei io mi sarei preoccupata per me e per il mio compagno e probabilmente il mio parto sarebbe andato in modo diverso. Ho un ricordo meraviglioso di quel momento anche perché lei era con me e so che la sua presenza ha fatto la differenza e di questo gliene sarò sempre grata: lei è stata la mia doula del parto.

Mia madre è stata la mia doula nel post partum. La sua presenza discreta è stata di supporto nelle prime settimane a casa. Lei mi ha sollevato dalle mansioni della quotidianità, ha fatto lo spazio e mi ha concesso il tempo per me e mio figlio non trascurando il mio bisogno che avevo di riposarmi e restare sola. Non ha mai espresso un giudizio ma incoraggiato le mie scelte e ha fatto capire al mio compagno del mio bisogno di supporto in ogni mia scelta.

Avrei avuto bisogno dei consigli di una doula per affrontare l’allattamento partito male con Andrea. La mia fortuna è stata quella di non avere avuto interferenze esterne da parte del pediatra o dei familiari nella mia scelta di continuare, nonostante tutto, ad allattare ed essere arrivata, grazie al consiglio di una mamma, a chiamare una consulente dell’allattamento IBCL.
In un pomeriggio quella donna meravigliosa ha risolto i nostri problemi sull’allattamento e mi ha valorizzata come madre e donna.
Questo mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto capire come le giuste informazioni possano veramente cambiare la vita, perché di questo si tratta, di un momento della vita di una madre e del suo bambino.

Io sono stata doula, nel mio piccolo, per le mamme con cui avevo frequentato il corso preparto al consultorio. Sono stata la prima a partorire e la prima ad accogliere i dubbi, i timori e le ansie delle altre, cercando di spiegare che tutto quello che ci stava succedendo era normale.
Il cerchio costruito durante gli incontri ci ha permesso di camminare insieme e di non sentirci sole, avevamo ognuna le parole e il supporto dell’altra. Mi ricordo una telefonata con la mamma che ora è una delle mie più care amiche e i suoi dubbi sull’allattamento. Ho accolto la sua ansia, il suo desiderio di allattare e l’ho rassicurata sul fatto che la montata le sarebbe arrivata a breve. Sono bastate poche parole per sentirla serena, l’allattamento si è avviato senza problemi e lei ha continuato ad allattare felicemente la sua bambina sino ai due anni.

Ho scelto di seguire il corso per diventare doula perché da tempo, vista la mia esperienza difficile con l’allattamento, sentivo il desiderio di diventare consulente alla pari per essere d’aiuto ad altre madri, e quando ho saputo del corso mammadoula ho pensato di avere l’opportunità di ritagliarmi uno spazio di crescita e di confronto, di fare qualcosa per me.
Le mie amiche mi hanno incoraggiato in questa scelta, solo dopo ho capito che questo percorso non è stato un di più ma un momento indispensabile della mia vita.
Ogni incontro è stato una rivelazione. E’ stato un viaggio e io sono cambiata.
Ho capito che la doula ha un ruolo sociale fondamentale, prima di tutto.
Quello che una doula da ad una donna, la donna stessa lo darà, nel suo piccolo, ad un’altra donna e solo così arriveremo a riprenderci gli spazi e i tempi propri della maternità.
Credo nel potere che hanno le donne di essere madri, sorelle, compagne di altre donne e credo nel sottile filo che ci lega e che può cambiare il modo di essere madri e di vivere la maternità in modo consapevole. Si perché questo manca: l’essere consapevoli di poter vivere una gravidanza serena, un parto intimo e non disturbato, una post partum accudito.
Vivere e non subire.
Quello che ho riscoperto di me è la mia parte emotiva.
Quella che ti permettere di essere quello che sei semplicemente perché sei cosi, senza il bisogno di dover dimostrare niente a nessuno, ma con la consapevolezza di poter essere accettati e accettare senza chiedere nulla in cambio.
Faccio un lavoro impegnativo che mi coinvolge dieci dodici ore al giorno, devo dimostrare, concretamente, di essere la più brava, devo trovare soluzioni in poco tempo e con un dispendio minimo di energie e mezzi. Ogni giorno è un confronto, ogni giorno è una nuova opportunità in un certo senso, ma è faticoso, a volte frustrante, la maggior parte delle volte è appagante. Quando una madre ti sceglie come doula invece, lo fa principalmente per la sicurezza e l’empatia che le comunichi e non necessariamente perché sei la più brava. Ti sceglie perché la sai ascoltare, capire e indirizzare perché sai essere vicina in modo discreto e non invadente, ti sceglie perché ti vuole vicino a lei.

Ho iniziato un percorso e sono in cammino, ho riflettuto su molti aspetti della mia vita, alcune cose sono cambiate, altre cambieranno, di certo so che sono una persona migliore.
A volte corro, a volte mi fermo e rifletto, poi riprendo il passo. Sono consapevole del mio essere madre e donna e di quello che posso dare ad un’altra madre, accolgo quello che lei mi darà in cambio.
Sono fortunata, sono una doula.

Lucia Roggiero