Passaggi: nascita e morte

Nascita

Nove anni fa, una delle mie migliori amiche d’infanzia di Cagliari decide di fare un figlio e rimane incinta, in prossimità della nascita ci sentiamo e mi racconta di essere preoccupata, di sentirsi grande alla prima esperienza di maternità e mi trasmette la sua preoccupazione, la sua ansia… Così mi viene in mente che invece di una copertina di pile o peggio un gingillo d’argento forse il regalo migliore è una presenza, una spalla. La chiamo in clinica dove Filippo era appena nato e glielo propongo: “che ne dici se vengo qualche giorno da te? Magari proprio quando esci dalla clinica…” Risposta entusiasta, “Sarebbe meraviglioso!” Mi organizzo per lasciare i miei tre figli non più piccolissimi, prendo un volo e parto. Dorina è arrivata a casa da poche ore, il bimbo non si attacca facilmente al seno, lei si sente piuttosto frastornata, ma felice. Sono a sua disposizione, tutta per lei, per tre giorni. La nostra antica amicizia, nata nella prima infanzia, si risalda immediatamente (come abbiamo già sperimentato tante altre volte da adulte), in poche ore di chiacchiere ci riaggiorniamo di una vita tanto diversa e ci sentiamo di nuovo vicine, diverse ma vicine.

In questi pochi giorni riesce a far attaccare Filippo al seno con una certa costanza, le cucino quello di cui ha voglia, chiacchieriamo molto e mi esprime le sue paure, pesiamo il bimbo insieme e lo cambiamo, per la prima volta, in clinica non l’aveva mai fatto, mi lascia il bimbo quando è stanca e vuole riposare. La domenica il marito, grande tifoso del Cagliari, mi dice che approfitterà della mia presenza per lasciare sua moglie nelle mie mani e andare a vedere la partita, partita molto importante per il campionato… ancora oggi si parla di questo avvenimento: “pensa sono addirittura andato a vedere il Cagliari perché c’era Cristina!!”

Ripartita per Roma ho chiamato Dorina per molte settimane ancora cercando di mantenere un filo di comunicazione profonda… molte volte mi è stato detto in questi anni come è stato importante quell’imprinting….

Morte

Questo episodio è molto particolare, non so neanche se si possa definire doula quello che sono stata in quei momenti e neanche lo posso chiedere alla persona a cui sono stata vicino: sono stata accanto ad una donna di novanta anni nel momento della sua morte…

Forse la storia va presa dall’inizio… anche se un pò lontano: Tatina nasce in un paese sperduto nel 1912 e perde la mamma a 6 anni per il parto del suo 4 o 5 fratello… a quell’età e durante la guerra c’è tanta povertà e lei va a “servizio” da una famiglia del paese che le fa patire la fame. Nel frattempo suo padre si sposa con un’altra donna con due figlie e parte per la Francia promettendo di spedire al più presto i soldi per trasferire su tutta questa numerosa famiglia. I soldi arrivano ma la matrigna (non da meno di quella di Cenerentola) non dice niente ai figli del marito e di nascosto parte. Si racconta che il padre si fosse molto arrabbiato ma mai tornò a riprenderli. Per Tatina la vita continua da orfana nel paese di origine e all’età di 18 anni va a servizio a casa di mia nonna, anzi per come mi è stata raccontata viene “regalata” a mia nonna per il matrimonio per avere un aiuto quando nasceranno i suoi figli. Così Tatina diventa una persona di famiglia e dopo aver cresciuto le tre figlie femmine di mia nonna cresce anche la seconda generazione cioè i 9 figli di queste tre sorelle (tra cui me). Quindi direi che per una buona dose di anni è lei la mia doula e in vecchiaia dopo aver visto la terza generazione e aver aiutato a crescere anche i miei figli io divento progressivamente doula per lei. Torna ad essere bambina, almeno in parte e nei momenti più intensi della malattia, spesso mi guarda senza dire niente e cerca solo la mia approvazione come fa un bimbo con la sua mamma. Arriviamo agli ultimi giorni: lei desiderava rimanere in casa forse non me lo aveva mai detto esplicitamente ma io lo sapevo. Non ho neanche tanto bene realizzato se non a cose finite che stavo silenziosamente seguendo la sua volontà per me molto chiara. Senza nessuna parola ho continuato a curarla e a starle vicino, ma con la chiara consapevolezza di seguire questo suo desiderio profondo.

La badante che aveva Tatina entra nel panico… non respira bene dobbiamo fare qualcosa, l’unica cosa che faccio è farla uscire dalla stanza. E in quei momenti così intensi rimaniamo solo io e lei, i suoi respiri sono sempre più distanziati, non parlava da giorni, forse non capiva più, io le parlo lo stesso, l’abbraccio, l’accarezzo, un momento magico che mi ricorda la nascita dei miei figli, vita e morte due facce della stessa medaglia. Quando tutto è finito, tra emozione e pianto, mi sono resa conto di quale regalo immenso mi aveva fatto Tatina!

Cristina Coiro

Lascia un commento

* campo richiesto